Si legge che l’Italia è da tempo a crescita economica zero.
Cosa significa? Ed è davvero cosi? Il sito dell’Istituto Nazionale di Statistica (www.istat.it) alla voce “conti e aggregati economici nazionali” riporta i dati necessari per misurare la salute della nostra economia e verificare se davvero non riusciamo a crescere da molti anni come da più parti si legge. La crescita economica è un complesso di elementi e coinvolge diversi aspetti del sistema economico e sociale. Un modo generico ma non grossolano è di rappresentare la crescita economica con le variazioni di uno dei principali aggregati della contabilità nazionale: il Prodotto Interno Lordo (PIL) o della sua più rilevante componente, il Valore Aggiunto (VA, che rappresenta circa il 90% del PIL).
La Tabella 1 riporta, per gli ultimi anni direttamente confrontabili, i valori correnti e costanti del PIL e del VA; si noti che alla data in cui si scrive il PIL è disponibile dal 1995 al 2018 mentre il VA dal 1995 al 2022. I valori costanti con base 2015 sono ottenuti neutralizzando l’effetto dovuto alla variazione dei prezzi ipotizzando prezzi sempre identici a quelli rilevati nel 2015. Inoltre, mentre il PIL è calcolato ai prezzi di mercato, il VA è calcolato ai prezzi base. E’ facile notare dalla Figura 1 che i valori correnti (o in termini nominali) possono essere molto diversi dai valori costanti (o in termini reali) in ragione dell’effetto dei prezzi che nel corso del tempo è generalmente di tipo inflazionistico (i prezzi nel tempo tendono a crescere).
E’ evidente che se la crescita viene rappresentata dalle variazioni esibite, per esempio, di anno in anno dal PIL il risultato sarà molto diverso se calcolato considerando prezzi correnti o prezzi costanti. Il calcolo corretto richiede prezzi costanti poichè siamo interessati a ciò che si produce, ai beni e servizi nella loro quantità (a qualità comparabile) e non ai prezzi in quanto tali (che gonfiano nominalmente il valore del bene e servizio). La Figura 2 propone lo stesso esercizio per il VA, in questo disponibile sino al 2022.
In Figura 2, l’effetto della crisi recente è ben evidente con un deciso calo nel periodo covid per effetto soprattutto delle restrizioni e chiusure del 2020. In genere una crisi di offerta come questa, rispetto ad una crisi di domanda, viene riassorbita più facilmente; in effetti, come si nota dalla medesima Figura 2, passate le restrizioni l’effetto rimbalzo è rilevante anche in termini costanti.
Se ci concentriamo sulle variazioni in media per anno del PIL e del VA tra inizio e fine serie otteniamo i risultati di cui alla Tabella 2.
La crescita sia del PIL che del VA si attesta attorno allo 0.6% in media annua a prezzi costanti, davvero molto poco. I valori correnti registrano cifre più alte esclusivamente in ragione della crescita dei prezzi, peraltro consistente nell’ultimo periodo.
Quindi, nel complesso, le variazioni reali sono rimaste pressocché ancorate sullo zero. Ma è chiaro che questa è una media sull’intero periodo; se calcoliamo le variazioni su singolo anno troviamo valori positivi e negativi. A tal proposito, la Figura 3 riporta la variazione su singolo anno tra il 2015 e 2022 del VA a prezzi costanti (il PIL non registra apprezzabili differenze).
Appare evidente, eccetto in qualche specifico anno, che la crescita del VA nel tempo si sia mantenuta su valori piuttosto modesti con fasi di crescita limitate a brevi periodi spesso compensati da periodi seguenti con valori negativi. La Figura 3 ci consente di apprezzare il forte impatto della crisi dei mutui sub-prime con conseguenze sull’economia italiana soprattutto nel corso del 2009, nonché l’impatto della già citata crisi da covid con un -8,4% (variazione esibita dal VA nel 2020 rispetto al 2019) e il successivo effetto rimbalzo (+6,8% nel 2021 rispetto al 2020) ma in rapido assorbimento (la crescita 2022 è decisamente più contenuta di quella 2021 e le previsioni per il 2023 ipotizzano ulteriore riduzione della crescita annua). D’altronde, il VA a prezzi costanti passa appena da 1.336.013 milioni di euro nel 1995 a 1.580.279 milioni di euro nel 2022, con una variazione assoluta complessiva di soltanto 244.266 milioni di euro in 28 anni.