Inflazione e tassi d’interesse: cosa succede ai nostri mutui immobiliari?

Avatar Erasmo Vassallo

L’inflazione è una tassa occulta ed iniqua. Tanto più alto è l’incremento generalizzato dei prezzi di beni e servizi, tanto più si riduce il valore reale di redditi e risparmi dei cittadini, e poiché spesso l’aumento dei prezzi caratterizza prodotti di largo consumo, in molti casi beni e servizi di prima necessità che sono maggiormente presenti nel paniere delle famiglie a basso reddito, l’inflazione incide maggiormente su quelle famiglie con minori possibilità economiche, influenzandone i comportamenti di spesa verso contenimento e modifica dei consumi anche verso prodotti di minore qualità (per l’appunto mediamente meno costosi), soprattutto nei contesti urbani più grandi dove è anche più difficile per il consumatore rivolgersi a filiere produttive più corte come mercati rionali e mercati del contadino e, naturalmente, il rapido aumento dei prezzi ha conseguenze maggiori sul bilancio delle famiglie del Mezzogiorno dove anche maggiore è la quota di famiglie povere.

Come abbiamo evidenziato in un altro articolo qui pubblicato, l’inflazione, ora in remissione ma ancora con valori piuttosto elevati, nei mesi passati ha raggiunto cifre molto alte a seguito di un incremento consistente dei prezzi soprattutto dei prodotti alimentari ed energetici (e non a caso l’inflazione più elevata è stata registrata in città come Palermo e Catania dove l’incidenza sul totale del “carrello della spesa” è maggiore). L’aumento dei prezzi non ha solo svantaggi, per esempio si riduce il valore reale dei debiti anche se, nel complesso, prezzi che crescono rapidamente e per un periodo di tempo lungo portano di gran lunga molti più svantaggi che limitati vantaggi. Se l’ottimo, anche per incentivare il sistema produttivo, è un livello dei prezzi con crescita molto contenuta e regolare nel tempo, allora la crescita repentina e prolungata è un problema da risolvere prima possibile.

Gli strumenti a disposizione delle autorità per frenare i prezzi non sono numerosi e non sono indolori. In sintesi, per mantenere sotto controllo l’inflazione, si usano misure di politica monetaria gestite dalle banche centrali, cioè la BCE nel caso dei Paesi di area Euro, anche se in genere le banche centrali nel mondo (o almeno quelle più grandi) si muovono con azioni comuni e concordate vista la forte interconnessione dei sistemi economici. Sostanzialmente le banche centrali agiscono aumentando i tassi d’interesse di riferimento, ossia aumentano i tassi che esse applicano ai prestiti concessi alle banche commerciali che, a loro volta, applicheranno tassi più elevati ai propri clienti. In poco più di un anno la BCE ha alzato dieci volte il tasso di riferimento, l’ultima il 14 settembre 2023 portando il tasso base da 4,25% al 4,50% e, a cascata, questo ha portato e porterà ulteriori aumenti dei tassi specifici proposti dalle banche ai propri clienti. L’incremento dei tassi implica che converrà meno indebitarsi, i prestiti costeranno di più e con essi anche i mutui immobiliari. I cittadini tenderanno a risparmiare di più a causa dell’incremento dei tassi anche sui depositi bancari, consumeranno di meno soprattutto prodotti che richiedono un maggiore esborso (perché da finanziare con il credito al consumo, per esempio prodotti durevoli come automobili o grandi elettrodomestici), ma anche gli investimenti delle imprese, ora più cari, diminuiranno. Insomma, con l’incremento dei tassi si rallenta la domanda, si frena il sistema economico e dunque la crescita dei prezzi, ma con possibili conseguenze anche sulla frenata del PIL, dunque minore crescita economica e possibile maggiore disoccupazione. Non è un’azione indolore.

In questo articolo ci soffermiamo su una forma specifica di prestito bancario, il mutuo immobiliare, tipicamente finalizzato all’acquisto di un immobile, un acquisto mediamente molto elevato ed a cui fanno ricorso moltissime famiglie italiane, normato in modo particolare e dettagliato e con numerose agevolazioni fiscali. Esistono molte forme e tipologie di finanziamenti differenti e per altro scopo ma che qui tralasciamo. FABI (2023) ci ricorda che le famiglie italiane indebitate sono 6,8 milioni, pari a circa il 25% del totale e 3 milioni e mezzo di queste hanno un mutuo per l’acquisto di una casa. A fine luglio 2023, il valore totale dei mutui immobiliari per acquisto ha raggiunto 425 miliardi di euro, di cui circa un terzo (140 miliardi) – come meglio capiremo più avanti – a tasso variabile mentre i restanti 285 miliardi a tasso fisso (FABI, 2023).

La BCE (così come la FED americana ed altre banche centrali) in questi mesi è intervenuta in più occasioni nell’accrescere ogni volta un po’ i tassi d’interesse. Dicevamo che una delle conseguenze, volute, è che le famiglie troveranno meno vantaggioso indebitarsi, ma questo vale anche per quella forma particolare di prestito che serve ad acquistare la casa, appunto il mutuo immobiliare. Non costerà di più soltanto accendere un nuovo mutuo ma anche continuare a pagare il mutuo attuale se sottoscritto a tassi variabili. Per semplificare, quando si chiede un prestito alla banca, e vale anche per questa forma agevolata di prestito che è il mutuo, la banca in un certo tempo, anche piuttosto lungo, vorrà restituito il capitale più gli interessi su questo maturati. La questione è dunque ora come viene calcolata la rata (usualmente mensile) che paghiamo alla banca su un orizzonte tipicamente di 15, 20 o 30 anni. La rata viene stabilita dal piano di ammortamento che abbiamo negoziato con la banca, esso comprende capitale ed interessi, e gli interessi possono essere predeterminati e immutabili, si dice calcolati a tasso fisso, oppure ricalcolati periodicamente, anche rata per rata, secondo appunto un tasso variabile. In questa ultima opzione si nasconde la conseguenza nefasta di un aumento dei tassi operato dalle banche centrali, poiché ne consegue un aumento – anche consistente – del tasso utilizzato per ricalcolare la rata variabile del mutuo anche se è un vecchio mutuo già sottoscritto. L’esborso aggiuntivo può essere elevato dato che il mutuo immobiliare finanzia tipicamente l’acquisto di casa (spesso la prima) in genere attorno all’80% del valore della stessa e su un orizzonte temporale che si aggira sui 20 anni (non raramente giunge ai 30 anni e non mancano mutui con copertura al 100%… e su un costo medio di un immobile di 140.000 euro – ma molto variabile per tipologia, ubicazione dello stesso e caratteristiche del richiedente – il calcolo è presto fatto). Al contrario del mutuo a tasso variabile, il mutuo a tasso fisso – se già sottoscritto – non viene influenzato dall’aumento dei tassi d’interesse poiché viene stipulato con una rata fissa in modo che risulti predeterminata ed immutabile a prescindere da future diverse (peggiori o migliori) condizioni di mercato; ovviamente, la nuova accensione di un mutuo a tasso fisso tiene conto del tasso al momento della stipula e che dunque sarà più alto del passato ma non muta più per tutta la durata del contratto di finanziamento. Il mutuo a tasso variabile, invece, ridetermina sempre la rata o una parte di essa in funzione di un tasso di interesse rivisto con una certa periodicità (mensile, trimestrale o semestrale le scelte più comuni anche se i tassi bancari vengono rilevati quotidianamente). Tra queste due soluzioni principali esistono alcune opzioni intermedie su cui non ci soffermiamo.

L’aumento dei tassi base della BCE spinge verso l’alto a cascata anche i tassi utilizzati dalle banche commerciali ed anche i tassi per i mutui immobiliari, influenzando – dicevamo – solo i mutui a tasso fisso ancora da stipulare e non quelli già stipulati e su cui non ci sarà effetto, mentre per i mutui a tasso variabile la rata crescerà ogni volta che verrà rivisto verso l’alto il tasso di riferimento sia per i nuovi mutui che per quelli già stipulati. In particolare, per i mutui a tasso fisso le banche usano come riferimento il tasso denominato EURIRS, ottenuto come media dell’Interest Rate Swap tra le banche europee (o semplicemente IRS), mentre per i mutui a tasso variabile si fa riferimento all’EURIBOR, valore ottenuto come media degli interessi sui prestiti delle banche europee. Il livello e le variazioni dei tassi EURIRS e EURIBOR sono in stretta conseguenza del livello e dell’incremento del tasso base di riferimento della BCE. La banca che offre il mutuo immobiliare al cliente (e vale naturalmente anche per altre forme di finanziamento) aggiunge a questi due tassi uno “spread”, ossia il guadagno specifico dell’istituto di credito e che chiaramente cambia da istituto a istituto (anche notevolmente, attualmente da circa un +0,70% a circa +1,30%).

Il tasso fisso (che nel contratto non muterà nel corso del finanziamento) è in genere sempre più alto del tasso variabile poiché la banca si cautela da possibili futuri aumenti dei tassi stessi. Tutto dipende da una scommessa sul futuro, su quelle che sono le stesse aspettative delle banche sul possibile rialzo o meno dei tassi. Ovviamente se il mutuo a tasso fisso è stato sottoscritto in un periodo particolarmente favorevole di tassi bassi e senza ritenere plausibile un incremento futuro, la banca avrà predisposto un piano di ammortamento particolarmente favorevole al cliente e che, con un consistente inatteso aumento dei tassi, potrebbe persino portare l’operazione in perdita per la banca. Ma anche il cittadino può accettare la scommessa di non incremento dei tassi sottoscrivendo un piano a tasso variabile (al momento della stipula solitamente sempre più conveniente del tasso fisso), ma se perde la scommessa la banca sarà cautelata visto che l’incremento si riverserà nelle tasche di chi ha richiesto il prestito. Tuttavia, la banca non è indifferente a tale conseguenza poiché aumenta il rischio di insolvenza, cioè aumentano le difficoltà per chi deve pagare il mutuo, potrebbe non riuscire più a saldare le rate (infatti quando aumentano i tassi c’è sempre un aumento di insolvenze). Per la banca è un problema, poiché preferirebbe incassare il denaro che imbattersi in complesse e lunghe procedure di recupero sfruttando l’ipoteca sull’immobile con conseguente messa all’asta dello stesso immobile. In effetti, come abbiamo notato in questi mesi anche dai quotidiani, l’incremento dei tassi è stato accompagnato da una serie di politiche di aiuto che le banche hanno rivolto spontaneamente ai propri clienti quali sospensione temporanea del mutuo, allungamento del periodo di restituzione, etc.

Non entriamo nel merito del dibattito che investe gli esperti e se sia meglio mantenere alta l’inflazione agendo poco sui tassi ovvero accrescerli con decisione per frenare l’incremento dei prezzi: ogni azione (o non azione) ha conseguenze e spesso una strada può essere preferita ad un’altra se vi sono (o non vi sono) adeguate politiche dei Governi a difesa, in particolare, degli individui e delle famiglie con redditi più bassi e con maggiori vulnerabilità economica e sociale. Se questo è il quadro generale, cosa dicono i numeri? La Figura 1 e la Figura 2 riportano le serie storiche giornaliere dell’Euribor e Eurirs (rispettivamente con tasso a 6 mesi e scadenza a 20 anni ma gli andamenti non sono dissimili per altre durate) a partire da gennaio 1999 per il tasso variabile e da gennaio 2001 per il tasso fisso.

Figura 1 – Andamento storico dell’Euribor a 6 mesi (04/01/1999 – 14/09/2023) (Fonte: BCE, 2023)
Figura 2 – Andamento storico dell’Eurirs a 20 anni (02/01/2001 – 14/09/2023) (Fonte: BCE, 2023)

E’ particolarmente interessante notare la riduzione progressiva dei tassi che raggiungono sostanzialmente lo 0 per il tasso fisso nella seconda metà del 2020 e con andamenti persino negativi del tasso variabile già nel corso del 2016 e sfiorando il mezzo punto negativo a fine 2021 grazie anche alle azioni messe in campo dalla BCE del periodo Draghi. Il successivo forte incremento, evidente soprattutto nel corso del 2023, e che caratterizza entrambe le tipologie di tassi, spiega il forte aumento delle rate dei mutui dipendenti appunto da tali tassi. In particolare, la BCE ha effettuato 10 rialzi del tasso base in poco più di un anno, l’ultimo il 14 settembre 2023 portando il tasso al 4,50% (Figura 3).

Figura 3 – Andamento storico del tasso BCE (01/01/1999 – 14/09/2023) (Fonte: BCE, 2023)

FABI (2023) evidenzia che nell’ultimo anno e mezzo le rate dei tassi variabili hanno subito incrementi sino al 75%, e cresceranno ancora nei prossimi mesi (una rata di 500 euro è cresciuta in alcuni casi di 375 euro, quindi sino a 875). I vecchi mutui a tasso fisso non hanno subito incrementi, ma le nuove stipule – sempre seguendo FABI – hanno visto un incremento del tasso di interesse finale da circa 1,8% a 6%. Allo stesso modo, i nuovi mutui a tasso variabile potrebbero registrare tassi finali che da circa 0,5% si attesterebbero in questi mesi attorno al 7%. La Tabella 1 (sempre fonte FABI) evidenzia le differenze tra fine 2021 e marzo 2023 anche nel dettaglio regionale, ma oggi la situazione è persino peggiore.

Tabella 1 – Costo di un mutuo immobiliare tra 2021 e 2023 (Fonte: FABI, 2023)

La Tabella 1 evidenzia alcune semplificazioni di questo articolo. Chiaramente il tasso finale bancario tiene conto dei profili di rischiosità del cliente, è ovviamente diverso in base alla durata del finanziamento, è diverso per area geografica, tipologia di immobile, etc. Chi ha esperienza di mutuo sa bene quanto conti anche l’età del richiedente, il reddito, la tipologia di lavoro, le garanzie accessorie, il valore dell’immobile e la quota di finanziamento richiesto, e molte di queste caratteristiche dell’immobile e del cliente incidono sul livello di spread applicato dall’istituto bancario. Infatti, ai tassi Euribor e Eurirs le banche aggiungono lo spread (che cambia da istituto a istituto) e l’ammontare definitivo della rata tiene conto anche di eventuali spese accessorie (perizie, istruttorie varie, assicurazione, etc.), anch’esse diverse da banca a banca. Dunque, per confrontare le diverse offerte di mutui (ma vale per qualsiasi finanziamento) è preferibile rifarsi al TAEG (o indice sintetico di costo) che ricalcola il tasso finale proposto dalla banca tenendo conto anche di ogni altra spesa od onere accessorio consentendo un confronto diretto delle offerte di finanziamento presenti sul mercato. Osserviamo che questi incrementi, consistenti, si riferiscono ai mutui ipotecari ma sono ben peggiori per altre forme di finanziamento. FABI (2023) calcola che per acquistare un’automobile da 25.000 euro, con un finanziamento da 10 anni per l’intera somma, occorre spendere in totale 48.396 euro con un tasso del 14,25%, un bel aumento rispetto al già alto totale di 37.426 euro calcolato con i tassi di fine 2021 a circa l’8,1%: la differenza con 25.000 euro è notevole. E’ esattamente questa la ragione per la quale, per continuare l’esempio dell’automotive, il mercato del nuovo ha subito un forte rallentamento a favore del mercato automobilistico dell’usato. E’, dunque, evidente che un incremento così forte e repentino delle rate spinge molte famiglie a non poter più pagare le rate o rinviarne il pagamento. Chiudiamo questo articolo con un altro grafico sempre di fonte FABI (2023): in crescita le somme non restituite alle banche entro i termini per un totale di circa 15 miliardi con, appunto, un ruolo consistente dei mutui ma anche una notevole incidenza del credito al consumo (Figura 4).

Figura 4 – Rate non pagate (Fonte: FABI, 2023)

I mutui raggiungono quasi i 7 miliardi (la metà circa dell’ammontare totale) con una quota notevole di sofferenze (i crediti con maggiore problematicità), mentre per il credito al consumo accade con maggiore frequenza un pagamento delle rate con ritardo (l’ammontare medio delle rate da credito al consumo è molto inferiore all’ammontare medio delle rate da mutuo ipotecario).

Statistica per l’Analisi dei Dati (L41)- Statistica e Data Science (LM82Data)

Dipartimento di Scienze Economiche Aziendali e Statistiche, Università degli Studi di Palermo

Viale delle Scienze, Edificio 13 Palermo

https//statisticadatascience.unipa.it

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