La “tragedia italiana” dei NEET

Avatar Erasmo Vassallo

In un’era in cui l’uso dei termini anglosassoni è ampiamente diffuso, di alcuni – e uno in particolare – faremmo volentieri a meno: NEET. Il termine indica una parte specifica di popolazione la cui condizione è “Not in Education, Employment or Training”, si potrebbe dire che non è inserita in un percorso formativo od educativo, non è parte attiva del mercato del lavoro, non cerca un lavoro e quando lo cerca non riesce a trovarlo. Il termine assume una rilevanza ancora maggiore se riferito, come inteso usualmente, alla fascia di popolazione di età compresa tra 15 e 29 anni. Sono, dunque, giovani che, non solo per scelta personale, si trovano ai margini di un sistema economico e sociale, spesso espulsi da tale sistema, sfiduciati e che il sistema stesso non è capace di attivare, coinvolgere, trascinare. Il cosiddetto indicatore NEET è dunque calcolato ponendo a numeratore i giovani non occupati, disoccupati od inattivi secondo le definizioni ILO (International Labour Organisation), e che non stanno ricevendo alcuna formazione ed istruzione di qualsiasi tipo e qualsiasi livello; il denominatore è semplicemente la popolazione nella medesima fascia d’età. Il dato è poi usualmente riportato in termini percentuali.

Come si posiziona l’Italia sul livello di NEET rispetto alle altre nazioni e regioni d’Europa? Purtroppo molto male. La Figura 1 riporta gli ultimi dati Eurostat disponibili per l’anno 2022.

Figura 1 – NEET tra i Paesi Europei distinti per genere, anno 2022 (Fonte: Eurostat, 2023)

L’Italia, in peggio, viene battuta solo dalla Romania ed a fronte del migliore risultato registrato nei Paesi Bassi e, nel complesso, da molte nazioni del Nord Europa nei quali, peraltro, anche la differenza di genere (situazione peggiore nelle femmine rispetto ai maschi) viene molto ridimensionata.

La Tabella 1, sempre di fonte Eurostat, riporta i dati per le nazioni europee anche nella suddivisione per fasce d’età.

Tabella 1 – NEET tra i Paesi Europei con distinzione per genere e fascia d’età, anno 2022 (Fonte: Eurostat, 2023)

La presenza in Italia di valori così elevati di NEET denuncia le inefficienze anche del mercato del lavoro e mostra, plasticamente, alcune delle criticità del nostro sistema economico e sociale. E’, tuttavia, la media del pollo di Trilussa, poiché il dato nazionale nasconde profonde eterogeneità tra Nord e Sud, con il settentrione più vicino ai valori medi dei Paesi scandinavi ed il mezzogiorno fanalino di coda tra tutte le regioni europee (Figura 2).

Figura 2 – NEET tra le regioni italiane, anno 2022 (Fonte: Istat, 2023)

Il risultato del Mezzogiorno è drammatico e mostra il valore peggiore in Sicilia con un NEET di 32,4%. Particolarmente evidente il divario con Bolzano, il cui NEET è 9,9%. La Figura 3 è particolarmente esplicativa. Qui i dati si riferiscono al 2021 perché – alla data della consultazione – non tutte le nazioni hanno comunicato a Eurostat i dati 2022 che, in ogni caso, saranno disponibili a breve; non cambia la lettura della mappa poiché non c’è nessun cambiamento significativo di posizione tra un anno e l’altro.

Figura 3 – NEET tra le regioni europee, anno 2021 (Fonte: Eurostat, 2023)

I colori freddi indicano una percentuale NEET più elevata e il Mezzogiorno d’Italia conferma le peggiori performance in Europa.

Forse basta questo risultato per farci riflettere sul concetto di “declino” di un territorio. Non c’è dubbio che occorra investire risorse pubbliche, e nel modo migliore e più efficiente di come fatto finora, sul sistema d’istruzione, sulla formazione e su ogni strumento nel tenere attivi e nel mercato del lavoro i giovani del Sud. Un mercato del lavoro che non offre certo le stesse opportunità di quello delle regioni del Nord e che, dunque, favorisce un maggiore scoraggiamento che, a sua volta, è una delle molle che spinge alcuni giovani a spostarsi dal Sud al Nord e verso l’estero. Flussi che, in particolare, interessano coloro che qui – anche se già rassegnati – però sperano e credono in un futuro migliore lontano dalla propria terra e che recuperano, e vogliono recuperare, una loro attività di vita, studio e lavoro altrove. Rimangono coloro che con minori risorse economiche, strumenti e sostegni sociali e culturali delle famiglie, hanno perso (e forse mai sostenuta) questa miccia di speranza: ancora una volta sono i più deboli, i più poveri, i più sfortunati a subire in misura maggiore inefficienze e capacità di un sistema di proporre politiche e soluzioni inclusive e rivolte alla difesa degli individui più deboli, a rischio emarginazione o già emarginati sia dal punto di vista economico che sociale e psicologico.

Statistica per l’Analisi dei Dati (L41)- Statistica e Data Science (LM82Data)

Dipartimento di Scienze Economiche Aziendali e Statistiche, Università degli Studi di Palermo

Viale delle Scienze, Edificio 13 Palermo

https//statisticadatascience.unipa.it

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